Le manifestazioni anti-Putin sono state un successo…per Putin

Quando nel 1786 Caterina la Grande, fresca di conquista della penisola di Crimea,  portava i suoi ospiti internazionali, soprattutto ambasciatori libertini e intellettuali francesi a visitare la Russia meridionale su lussuosi battelli lungo il fiume Dnepr, si potevano ammirare sulle sponde del fiume grandiose ville, paesi interi che prosperavano, artigiani intenti al lavoro, pastori con le loro greggi e reparti dell’esercito organizzati in parata che salutavano il passaggio del Sovrano. Che meraviglioso sviluppo e che prosperità poteva mostrare la Russia nonostante la turbolenta annessione della Crimea e i costi della guerra! Eppure non era così: i villaggi erano di cartapesta, e i pastori e i soldati erano attori che recitavano una parte.

Il 18 marzo 2018 la Russia voterà per eleggere il Presidente, che, al netto di qualche caso imponderabile, sara sicuramente Vladimir Putin. Poche settimane fa, il principale oppositore di Putin, Aleksei Navalny, è stato escluso dalle elezioni per precedenti processi giudiziari.  Quest’ultimo ha dunque indetto delle manifestazioni pacifiche per “boicottare” le elezioni. Lo scopo era dimostrare che, anche se non può votare nessun candidato forte, esiste una Russia che non vuole più Putin al potere. Va detto: Navalny è effettivamente incandidabile, e la manifestazione del 28 gennaio non è stata autorizzata. Certo, la legge in Russia serve a rendere legale l’autoritarismo, ma questa è un’altra storia e necessiterebbe una più ampia analisi.

Veniamo ai fatti. Il giorno 28 gennaio 2018 alle ore 14 inizia la marcia pacifica proposta da Navalny lungo la principale strada di Mosca, la Tverskaya, che sfocia sulla Piazza Rossa. Le manifestazioni contemporaneamente avvenivano in tante città russe, ma era da Mosca e San Pietroburgo, città dove ha sede il potere politico e dove sono concentrati gli strati di popolazione più colti e più sfavorevoli ad un ennesimo mandato di Vladimir Putin, che ci si aspettava un grande movimento di protesta. Grande non solo perché il paese sta tornando indietro verso un autoritarismo senza precedenti dal 1991, ma anche perché era l’ultima opportunità di dissentire e di influire sul voto: a elezioni concluse, e per i sei anni successivi, non ci sarà più possibilità di esprimere dissenso influenzando i risultati delle elezioni o il comportamento del Governo di Mosca.                                                                             Vado alla manifestazione accompagnato da un’amica, M., che da subito esprime grande prudenza, mi dice di non fermarmi dove ci sono i gruppi di persone che manifestano, ma semplicemente di camminare avanti e indietro. In questo modo, continua M., se interrogati dalla polizia, potremmo dire che non partecipavamo alla manifestazione, ma che stavamo semplicemente camminando per fare shopping. Io capisco il livello di tensione che sta vivendo M. e non voglio obbligarla; dopo aver fatto avanti e indietro per venti minuti, mi congedo con una scusa e continuo da solo. La timidezza di M. nel manifestare mi racconta però della poca dimestichezza del popolo russo colto a dialogare con mezzi democratici.

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Delle telecamere a 360 gradi spuntano da speciali camionette della polizia. Un altoparlante intima ai manifestanti  radunati a piazza Pushinskaya di “rispettare l’ordine e lasciar libero il passaggio”

Ma i timori di M., sono fondati? Davvero la polizia può prendere me e tenermi in galera 48 ore come mi dice? La polizia in effetti arresta subito Aleksei Navalny uscito dal taxi per guidare la manifestazione, e altre figure chiave del movimento di Navalny; ma per il resto, calma piatta. Dato che alle 14.30 al popolo di opposizione mancava già il suo leader, il risultato è una marcia di poco più di mille persone, a gruppetti disomogenei, che gridano “Russia senza Putin” , “Putin ladro” ,”la Russia sara libera” o “vogliamo elezioni che siano elezioni” e altri amabilissimi slogan, sotto lo sguardo distratto di cordoni di polizia che non intervengono mai, se non per prelevare individui chiave o per punire lievi infrazioni, rilasciando subito i fermati. Non una vetrina rotta, non un’auto incendiata, non un ferito. Ottimo! Ma, viene da pensare, questa è l’ultima grande opportunità di opporsi a Putin e si vedono solo fiori portati nelle mani, cartelli di protesta anonimi ed educatissimi, un sostegno verbale divertito da parte di avventori che non hanno osato prendere parte alla marcia e che quindi fiancheggiano i manifestanti in marcia, camminando volontariamente nel verso opposto. Sembrerebbe, se non fosse per queste stranezze appena citate, una vera festa di democrazia partecipativa.  Vladimir Zhirinovsky, folcloristico leader del partito di opposizione “fabbricata” dal Cremlino, decide che l’occasione è buona per un bagno di folla, e scende dalla macchina a vetri oscurati. Viene subito circondato dai manifestanti che lo provocano: “Se sei davvero opposizione, vieni a marciare con noi!” Zhirinovsky rifiuta e si difende così: “Voi siete solo giovani e volete liberarvi dei vecchi…quando sarete vecchi voi, vorranno liberarsi di voi i giovani.Tutto li.” Non un commento sulle politiche del governo, sulla repressione contro i giornalisti, sulla situazione internazionale…risale in macchina e l’autista riparte.

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Esigiamo elezioni legittime

I numeri a fine giornata sono da fiera di paese: 4,700 persone in tutta la Russia, secondo i dati del Ministero dell’Interno, non smentiti dall’opposizione. Il picco a Mosca, dove i manifestanti sono stati poco più di 1000. Sopratutto giovani, e qualche vecchio. Generazione di Twitter e nostalgici dell’USSR. Una vecchietta di 80 anni, brandendo un tulipano, mi racconta che è li perché non può andare avanti con la sua pensione di 60 euro al mese. Non basta, penso, questa piccola vita a rovesciare un potere granitico e misterioso: che ora nemmeno si oppone alle proteste, non ne ha più bisogno.  I giovani che sono cresciuti con Putin, che oggi votano, si rendono conto che hanno avuto il pane grazie a lui, che ha ristabilito l’ordine dopo il torbidi e violenti anni ’90, e grazie ai proventi del petrolio ha creato una classe media. La libertà che Putin ha chiesto in cambio del pane, è un desiderio complesso, pieno di dubbi, senza un leader, senza un progetto chiaro.

Putin può dormire sonni tranquilli: il suo principale oppositore è stato messo fuori gioco e coloro che sono contrari a lui e hanno il coraggio di dirlo sono 4,700 cittadini su 140 milioni.

E’ morta la società civile, o forse non è mai nata.  Nel 2011 quando il duo Putin-Medvedev, dopo apposite modifiche costituzionali, si scambiava posto alla guida del Paese, cominciava a nascere una società civile, che scese in piazza a centinaia di migliaia. Ma c’era una grande differenza: l’Occidente allora era un modello. Oggi, dopo le sanzioni che hanno ciecamente colpito un popolo permaloso e patriota e dopo l’elezione di Trump in America, la società civile in Russia è sola, non ha appigli nel mondo libero, a cui ha sempre guardato come ad un faro. E dunque Putin ha già vinto e dominerà la Russia per altri 6 anni.

Chissà cosa hanno in mente i giovani e i vecchi che gridano, senza speranza alcuna,”la Russia sara libera”. I vecchi non la ricordano, e i giovani non riescono a immaginarla. E quella che sembra una festa bella di democrazia, è una tristissima farsa, come quei villaggi di cartapesta al tempo di Caterina, che raccontavano una Russia gloriosa e benestante e nascondevano la verità: la guerra di Crimea costa a tanti e fa bene a pochi.

 

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Vladimir Zhirinovsky, leader di LDPR, un partito di opposizione “fabbricata”, viene invitato a seguire la folla in marcia. Rifiuterà

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